Sono le 6 di mattina. Il sole splende già sull’orizzonte. È ancora leggermente fresco, ma tra poco farà caldo. Tanto caldo. Qui a Garoua, nel nord del Camerun, è sempre estate. Ne approfitto per fare un po’ di sport prima che i raggi del sole si faranno troppo insistenti. Ci ho fatto un po’ l’abitudine. Sono qui da un mese e mezzo.

Questo tempo in Africa è passato lento. Lentissimo. Eppure, guardandomi indietro, sembra schizzato via. Come mi avessero fatto uno scherzo. Le giornate sono pigre e scandite da una lancetta senza ore. Ci si sveglia. Con calma si mangia qualcosa. Si inizia a lavorare. Placidamente. Poi si rientra a casa, ci si riposa. Alle 18:30 è buio, si mangia un boccone. Poi a letto. Inesorabili, le giornate passano. Adagio. Ma perché è tutto così lento e calmo?

L’attività umana è ridotta all’essenziale: al sopravvivere. Lavorare per procurarsi di che vivere. Procurarsi da mangiare. E quando hai compiuto questa missione puoi rilassarti. Senza aggiungere nient’altro. Qui il tempo non si riempie di attività. Ma le attività si riempiono di tempo: quello necessario per farle. Una volta fatte, fine. Non c’è bisogno d’altro.

Questa semplicità rende le giornate molto dilatate. Fai una, due cose. Basta. E quando dopo un mese ti guardi indietro il tempo ti sembra volato perché hai fatto poche cose. Ma vissute intensamente.

Questo ritmo diverso mi ha attirato tanto l’attenzione. Vivere la giornata senza agenda, senza correre. Un passo alla volta… una cosa che forse da noi abbiamo un po’ dimenticato. Il gustare lentamente, il vivere intensamente… un compromesso è possibile tra l’intensità e la produttività, tra la pienezza e l’operosità?

Vivere alla giornata. È una cosa comune tra i giovani. In questo contesto, dove le opportunità sono limitate, molti si trovano a non fare nulla o ad arrangiarsi come possono. Chi facendo il venditore ambulante, chi piccoli lavoretti… nell’ufficio dove lavoro arrivano ragazzi di ogni tipo, con un forte bisogno di indipendenza… ma anche semplicemente il desiderio di vivere una vita dignitosa. Attraverso il progetto, NEET’S NET, cerchiamo di dare una risposta a questo bisogno finanziando la formazione, le idee imprenditoriali e l’inserimento lavorativo di giovani disoccupati e vulnerabili.

La voglia di mettersi in gioco c’è: molti giovani sono imprenditori di se stessi, si cercano la vita inventandosi un lavoro… a Garoua le attività manuali sono molto presenti. Soprattutto artigianato e moda. Qui non esistono infatti i negozi: vai dal falegname e ti fai creare il tavolo. Vai dal sarto e ti fai confezionare il vestito. Ho personalmente approfittato di questo contesto artigianale frequentando un atelier di cucito.

Se da un lato ci sono grandi limiti, dall’altro lato ci sono tante opportunità: se hai l’idea giusta, in un attimo la puoi mettere in piedi e sperimentarla. Questo aspetto è molto intrigante dell’Africa: c’è molto da creare, sviluppare, realizzare. E c’è tutto il tempo di farlo. Con calma e serenità.

Articolo pubblicato su orientareoggi.com


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