Sono sempre partito come un pirata quando era l’ora di andarmene: galvanizzato e sprezzante, vedevo l’ignoto davanti a me come un mare di sorprese. Cosa mi sarebbe capitato? Cosa avrei visto e vissuto? Il non sapere quello che mi sarebbe successo era la parte più elettrizzante. La novità, il non avere le cose sotto controllo… ero troppo contento a fare le valigie e poi prendere treno, bus o aereo che fosse e partire, faccia incollata sul finestrino, un senso di profonda pace che iniziava già a impossessarsi di tutto il mio corpo e della mia mente.

Una volta arrivato a destinazione, la giostra continuava: subito mi facevo dentro nella vita. Conoscevo persone, esploravo luoghi, mi mettevo in situazioni. Ogni occasione era buona per conoscere il contesto e scoprire qualcosa di nuovo. La mia abilità in realizzare questo rapidamente ed efficacemente è particolarmente spiccata, a tal punto che già dopo pochi giorni mi sentivo in qualche modo a casa, ovunque fosse il posto dove mi stessi installando. Era anche un bel meccanismo di autodifesa: mi integrava a più non posso fin dalle prime battute perché sapevo che avevo bisogno di persone e stimoli intorno a me per stare bene.

Fu anche quello che successe qui a Garoua: arrivato in Camerun, mi misi nelle condizioni di sfruttare ogni incontro e occasione per conoscere e legare, con una persona, con un posto. E presto mi costruii il mio spazio. Col passare delle settimane iniziai a capire come muovermi: la vita mi fece scaltro e iniziai a selezionare con più attenzione. Qui era diverso: le relazioni non sono dominate in automatico dallo spontaneo interesse, è difficile fidarsi e farsi degli amici veri. Poste queste condizioni, comunque cercai la mia quadra, focalizzandomi soprattutto sui miei progetti, in primis moda e cucito.

E in questo contesto effettivamente, dopo qualche mese, mi resi conto di non avere dei veri amici. Per la prima volta, iniziai a sentire ciò che non avevo mai sentito: solitudine e nostalgia. Ma era veramente solo per dei fattori di contesto che stavo vivendo questo? Riflettei più in profondità. Ero cambiato molto nell’ultimo anno. Avevo uno sguardo più disincantato e quelli che un tempo facilmente etichettavo con amici non lo erano realmente. Parimenti io stesso non ero alla ricerca di compagnia casuale: volutamente non uscivo più assiduamente con i colleghi di lavoro, non sentendomi coinvolto in quel tipo di incontri. Ma poi c’era una cosa, soprattutto: nell’ultimo anno avevo costruito dei legami unici che mi avevano segnato. Avevo riscoperto cosa è la vera amicizia e mi ero messo in gioco a tal punto da riconsiderare tutti gli altri rapporti. E il bel peso di questo rapporto iniziava a farsi sentire.

Non puoi mettere radici e rimanere illeso. Stavo sentendo le conseguenze di quanto costruito. E con grandissimo piacere. Finalmente, a 25 anni, sentivo quello che tutti mi dicevano di sentire e io sempre rimanevo muto, essendo quello a cui non manca nulla e nessuno. Ma questa volta ho iniziato a sentire la mancanza verso quelle persone e quell’ambiente che era diventato casa. Finalmente, avevo una famiglia che era entrata nel mio cuore con cui e per cui soffrire. Dei rapporti che non mi erano indifferenti e che davvero erano insostituibili.

E allora sì. Quella malinconia che mi sovviene guardando dalla finestra il caldo sole, la accolgo. In questa domenica troppo calma, il mio cuore batte per qualcuno che non è qui. Batte per qualcuno che in realtà eccome è qui. Ed è al mio fianco


boccadior. Tutti diritti riservati | [email protected]