-Prati, prati… e ancora prati!

-Sta bono pie, tra un po’ finirà, non può essere infinita

Lo era. Quella prateria non aveva fine. Più andavano avanti… più andava avanti anche lei. Era come se camminasse sotto i loro piedi, scorrendo pestifera e prendendosi gioco di loro.

-È da… non ricordo nemmeno da quanto camminiamo per farti capire da quanto camminiamo! Un albero, una roccia, un fagiano, un segno divino! Disse pie in un crescendo che terminò con le sue braccia alzate al cielo come le stampelle di un zoppo che dà l’ultimo sforzo a Dio per fede.

-Non farla così drastica pie – disse ste. Guarda che bello. Siamo coi piedi sopra a un tappeto verde infinito, morbido, peloso, così soffice che a ogni passo è un sorriso. Quanto spesso ti è capitato? Sempre sassi, terra e rocce quando siamo dalle nostre parti, e tu ti lamenti ora che c’è finalmente qualcosa di diverso?

Pie con la testa china come un mulo continuava ad andare avanti facendo finta di non sentire le parole di ste.

-Erba, erba, e ancora erba. Ma fottiti – sbraitò, afferrando un ciuffo d’erba e… rimase di stucco. Il ciuffo d’erba era rimasto lì, incollato al suolo. Non si era strappato. Pie ci riprovò con più foga. Intatto. L’erba era rimasta incollata al suolo, salda come una radice.

-Hai visto ste? – si rivolse pie a ste, incredulo.

-Cosa?

-L’erba… non si stacca

Ste incerto si abbassò e provò a tirare l’erba per i capelli. Restava lì, immobile.

-Che razza d’erba ci sta qui? Disse ste ridendo

-Io non ci trovo nulla di simpatico – ribatté pie

-Pazzesco… hai capito te l’erba mongola

Pie non voleva dargli ragione. Ste poi riprese

-Be, vuol dire che resterà qua, attaccata e beata

-Col cavolo, io ora la…

-La cosa? Le fai la ceretta? Gli domandò ste, con aria di sfida

-Troverò la maniera

-Ma che te frega pie, è erba, che ti ha fatto