https://s3-us-west-2.amazonaws.com/secure.notion-static.com/01edf4fd-e14b-4506-ab6b-d771a9863d20/Untitled.png

                                  *Maria e Sant’Anna, olio su tela, chiesetta di Roncafort*   

Libera interpretazione di un’opera

Due donne in una stanza sono alle prese con una pergamena. I loro nomi sono Maria e Anna, su uno sgabello la prima, inginocchiata la seconda. Ma a chi si prostra questa giovane donna? All’Immacolata o all’autore del testo che Maria le sta illustrando? Oppure all’immacolatezza di Maria? O ancora, all’insegnamento stesso che la Vergine le sta impartendo? Magari a tutto questo, o forse a nulla di ciò, forse stava solo ascoltando le parole della sua maestra.

Maria l’insegnante, Anna la discepola. Maria insegna, Anna ascolta. Si nota questo ordine di ruoli non solo dalla corporalità dei soggetti dell’opera, ma anche dalla loro posizione, dalla geografia stessa del quadro. Maria è sopra, Anna è sotto. Anna, che rappresenta il desiderio di sapere, si inchina a Maria, allegoria della sapienza. Ma se da una prospettiva prettamente geografica si rileva una sorta di gerarchia, la gestualità la appiattisce, totalmente. Maria, infatti, è inclinata verso la sua allieva in una postura che rinnega ogni parvenza di superiorità, la sua mimica facciale è mite e serena, umile. In questo modo Maria personifica in pieno la sapienza, che viene qui rappresentata nel suo tratto più genuino: è vicina a tutti. Tutti la possono toccare, tutti possono entrare in contatto con lei. Ciò che serve sono due cose: il rispetto, mostrato attraverso la prostrazione di Anna, e l’intimità, rappresentata dalle due figure che convergono.

Ed è proprio l’intimità il tema centrale di questo quadro: intimità tra le due donne, intimità tra le donne e ciò che le circonda. Dietro le protagoniste vi è un piccolo tendaggio, largo abbastanza da preservare la riservatezza ma stretto abbastanza per far sì che pur nell’intimità del momento, l’insegnamento è sempre rivolto a tutti, ovvero i potenziali uditori all’esterno della stanza.

Osserviamo ora meglio il contesto. Maria e Anna sono in una camera, da sole. L’ambiente è parco ma curato: per quanto semplice possa essere ciò che Maria trasmette ad Anna, il solo fatto che cerchi di dare qualcosa di proprio alla sua allieva è bello, è come darle un fiore, uno di quegli stessi fiori che addobbano questa camera. Gli innumerevoli fiori – sulla finestra, nel vaso e sul tappeto – sono monito che qualcosa di bello sta avvenendo e pongono l’accento sulla bellezza dell’azione stessa dell’insegnare.

Un dettaglio basta a rendere l’ambiente di un’incredibile naturalezza: gli uccelli presenti nel quadro. Due appollaiati sulla sbarra in alto, magari due uccelli canori che col loro cinguettio danno ancor più vita alla stanza, e uno sul davanzale, indaffarato nel sistemarsi il piumaggio. Come gli umani, c’è sempre chi si interessa con fervore, e chi si fa i cavoli propri.

Ma ci sono anche degli altri spettatori, un po’ più in alto: due angioletti abbracciati e probabilmente un po’ emozionati assistono da lontano alla scena, e pur non essendo proprio lì prendono parte, si sentono vicini, si immedesimano nei caratteri principali. Per sentirsi coinvolti non serve essere protagonisti, basta osservare col cuore.

Maria e Anna ci dicono una cosa soprattutto: è attraverso l’intimità che si trasmette il sapere. O meglio, con l’avvicinarsi, con lo sforzarsi di capire chi hai di fronte, con l’amare l’altro che puoi fornire gli insegnamenti più alti, perché senza passione, senza calore, senza desiderio non si impara.

Ma intimità non vuol dire fisicità, contatto fisico. Se si osservano bene le due donne, non si toccano affatto. È il contatto mentale che conta, non quello fisico. Eppure anche questo è importante, e l’artista lo rappresenta in modo molto singolare: negli angioletti. La rappresentazione di questo contatto mentale infatti è lassù, negli angioletti: essi non sono altro che la materializzazione delle menti di Maria e Anna, strette in un intimo abbraccio. Gli angioletti sono simbolo dell’incontro tra le due donne, che così avviene mentalmente e fisicamente, sulla terra e in cielo. Ma la quintessenza di questo incontro sta nel mirabile incrocio della logica dell’incontro: ciò che di norma succede in terra, nel mondo sensibile, avviene in cielo, nel mondo delle idee, e ciò che dovrebbe avvenire nel cielo ha luogo in terra. Sulla terra le donne si incontrano mentalmente, nel cielo fisicamente.

Maria e Anna convergono ma non si toccano. Imparare non è un punto fermo, un punto di arrivo: si impara sempre di più, ma non si finisce mai. Così l’autore vuole esortarci a non smettere di imparare, al desiderio verso conoscenza, che non è mai un traguardo, ma un percorso. E la magnifica infinità di questo percorso sta nel contatto mancato, come quello tra Adamo e Dio nella Cappella Sistina. Ci dà quasi fastidio questo insignificante e interminabile vuoto tra i due indici. Ma allo stesso tempo ci insegna una cosa: dove non può la realtà, può l’immaginazione.

PS a proposito delle libere interpretazioni, in verità nel quadro la mia Anna è Maria e la mia Maria è Anna


boccadior. Tutti i diritti riservati | [email protected]